giovedì 28 luglio 2011

Goccia.

Su per giù, tutti si lamentano della pioggia di fine Luglio. Io no. Mi ricordo ai tempi del liceo - che poi, sembra passata un'eternità - quando scendendo dal bus iniziava a piovere. Io ero felice, non avevo mai l'ombrello con me e non aspettavo di certo qualcuno che potesse darmi un passaggio sotto il suo, come dicono Dente e Dario Brunori. A passo lento raggiungevo il cancello della scuola, mi piaceva essere baciata, graffiata e coccolata dalla pioggia.
Stasera fuori ci sono i tuoni e il cielo sembra tanto il mio stomaco pieno di grandissime cazzate, che continuano a girare dentro e non riesco ad espellere, insomma.
Bambolotta, bambolina, la plastica si rovina sotto la pioggia.
Ma è l'unica cosa che non mi abbandona mai e che mi assomiglia.
Io non mi sento pura e la pioggia in effetti non lo è.
Come zigulì mando giù qualcosa che riesca a farmi addormentare, eppure ancora sono qui a dire queste cavolate, non ho mai scritto così, come se stessi appuntando qualcosa sul mio diario segreto da infante con le pareti della stanza rosa e gli orsacchiotti accanto al cuscino.

Una volta il mio amico Albe ha detto che i bambini quando si stancano del giocattolo vecchio, lo rompono e ne vogliono uno nuovo.
Io stasera mi sento un giocattolo vecchio e rotto, abbandonato sotto la pioggia e forse dovrei ringraziare chi lo ha fatto perché adesso vedo meglio.

Buonanotte.

domenica 24 luglio 2011

Puzzo d'alcool.

Mani legate, chiusa in una bolla di sapone troppo spessa per riuscire a scoppiarla.
Rinnego le parole, parole doppiate, parole streghe, parole, parole, parole come nuvole a primavera.
A che cosa serve il loro sguardo fisso sui miei piedi mentre a mò di wikipedia definiscono il concetto che hanno di me?
E' una formalità.
E' un esame?

Dio come erano belli i ti voglio bene che non mi dicesti mai.

lunedì 11 luglio 2011

Cinquantuno schiocchi di dita.




A due ruote, con le teste calde
e i caschi rotti
il verde intorno
i dossi da cui ci rialzeremo
e gli ascensori con l'aria climatizzata a mò
di supermarket.
Baciami al piano terra,
portami in alto senza farmi staccare
i piedi dal pavimento.
Non esser mancini
ma aver l'abitudine di guardare sempre a sinistra
Non esser destri e
compiere azioni opposte
Romperò il velo di maya
per spalancare le porte
a due parole che non ti avevo mai detto
né pensavo di poterlo fare.
Brinderemo col wisky e
sotto una pioggia artificiale
ghiaccieremo i nostri cervelli
per ragionare solo coi
nostri quori
riempendoli di acqua e zucchero.
Dieci fotogrammi al secondo
cinquantuno schiocchi di dita.
Non farei rewind
seguirò Bergson
e il suo concetto di distanza
ma sul marmo roseo
come la tua pelle
stenderò le mani
in attesa
di ricominciare a schioccare le dita.




sabato 2 luglio 2011

Osservavo la signora Ele.

Nove anni al secondo piano di un appartamentino al centro del paese,
un secondo piano troppo lontano dalle costellazioni
e troppo vicino ai pianerottoli ardenti e grigi.
Il nulla:
poco interesse,
mi affaccio e resto immobile come una ciminiera
-è pronta la cena!-
Il fumo finisce
io resto a guardare:
mini-market
gambe incrociate davanti alla porta e
mani come salvadanai.
Come i cieli di dicembre
passiamo le giornate
per ricevere un po' d'amore
mentre sotto il sole di luglio
lei passa le giornate
ad aspettare
un sentimento
diverso
ma pur sempre un sentimento.
Se non l'avremmo conosciuto
ci saremmo accontentati anche noi
e avremmo sorriso
con l'alito pesante
e i denti color ocra.
Mani come salvadanai
gambe incrociate
sotto il sole di luglio
per un po' di pena.
La pena si misura sulla bilancia.